di Pierpaolo Bonante
(Teatro.it * Visto il 02/02/2016 a Moncalieri (TO) Teatro: Limone Fonderie Teatrali)

La Cativissima, epopea di Toni Sartana, è uno degli spettacoli più volgari, spassosi e satirici mai creati in Italia. Natalino Balasso, nella triplice versione di autore, regista e attore, riesce a creare, gestire e interpretare un’opera di sopraffino senso critico. Oltre ad intrattenere e divertire, lo spettacolo fa riflettere sui meccanismi politici e sociali della nostra Italia e degli italiani.
Ambientato nella “Regione Serenissima” lo spettacolo mostra l’ascesa al potere di Toni Sartana, sindaco di un piccolo paese di campagna, che giungerà ai vertici del proprio partito passando dal ruolo di “Assessore ai schei”. Colto dal proprio delirio di onnipotenza, invaderà anche una regione vicina, pur di ottenere più soldi.
Lo spettacolo si sviluppa esclusivamente su un Balasso mattatore ed accentratore ma, in realtà, lui è semplicemente uno dei cardini sul quale si impernia questo spettacolo. Conscio che tutti gli attori siano parte di questo splendido macchinario drammaturgico, l’artista eleva ogni personaggio ad amplificatore di quelle che sono le caratteristiche del Sartana. Nella commedia tutti i personaggi sono miseri e gretti, motivati da un vago senso di onnipotenza, bloccati nel vedere esclusivamente quelli che sono i loro interessi. Ogni attore declina lo stesso mix di elementi in maniera diversa, caratterizzando squisitamente il proprio ruolo.
Lo spettacolo è scandito da tutte le volgarità, usate come intercalari per un discorso sempre centrato su cospirazioni tra i vari personaggi. Corre l’obbligo di sottolineare quanto queste volgarità non siano mai fini a se stesse; in alcuni casi sono così paradossali che tutto il pubblico si è fermato per applaudire. Il linguaggio, qui, è volgare nel senso che appartiene al popolo e a esso viene restituito. L’utilizzo di questo linguaggio per descrivere l’ennesimo poltico corrotto è essenziale per ricordare quanto ci sia di corruttibile nello spettatore.
Con la giusta spinta chiunque può diventare Toni Sartana? No. Ma chiunque può diventare uno degli altri personaggi. Come un imbuto o, se preferite, come la struttura dantesca dell’inferno nel fondo c’è Toni Sartana, un personaggio malvagio così banale da risultare quasi inetto; nelle varie cerchie si collocano tutti gli altri, orbitando intorno al buco nero dell’amoralità interpretato da Balasso.
Chiunque con un minimo di spirito autocritico potrebbe collocarsi in questo enorme imbuto. E’ questo a rendere lo spettacolo così evocativo.
A ulteriore definizione dell’impossibilità di sfuggire a questo inferno, la scenografia è claustrofobica: la scena è riempita da container di legno che si trasformano in case, grotte, pulpiti e così via. Lavorando in perfetta armonia con il tecnico luci, le varie ambientazioni sono sempre eleganti e curiose, in certi casi pure inaspettate. Perché, sebbene una grotta in una simile ambientazione sia difficile da rendere, qui l’esperimento ha successo.
Non è uno spettacolo per tutti, ma solo chi pecca di autoironia e senso critico potrebbe rimanerne deluso.