Vediamo un disegno, una pittura, leggiamo qualcosa o ascoltiamo una musica; ci piace tanto, ma proprio tanto.
Ne parliamo con qualcuno che ci piace e questo qualcuno dice che quella cosa è un obbrobrio, è illeggibile, inascoltabile, inguardabile. Ne parliamo con qualcun altro che ci piace e quest’altro ci dice che per farsi piacere quelle cose, bisogna essere limitati mentalmente.
Vediamo, leggiamo, ascoltiamo un’altra cosa simile, che potremmo inserire in qualche modo in quel “genere”; ci piace già di meno, avvertiamo un certo fascino ma veniamo assaliti dalla domanda “e se mi sbagliassi?”.
E poi un’altra e poi un’altra, piano piano ci piace sempre meno quello che piaceva a noi e ci piace sempre più quello che piace alle persone che teniamo in conto. Queste persone, a loro volta, hanno seguito lo stesso meccanismo. E così, col passar del tempo, nel mondo adulto, non c’è più autenticità in ciò che facciamo, che vediamo, che ascoltiamo, c’è solo la domanda di come reagiranno gli altri al fatto che ci piace una cosa anziché un’altra.
In questo modo veniamo educati al “sentire comune” e troviamo aberrante tutto ciò che si discosta da una forbice media di gradimento.
Lo stesso vale per i cibi, per il sesso, per le idee. Non c’entra che un’idea si trovi in una sfera di pensiero anziché in un’altra, l’importante è che appartenga a un’insegna universalmente riconosciuta.