Repubblica dice che i morti per Coronavirus negli Stati Uniti (quasi 60.000) sono quasi quanto i morti per la guerra in Vietnam. Il parallelo mi sembra chiaro: questa malattia è come una guerra. Ma è proprio vero che il mondo è un racconto e, quando il racconto è giornalistico, bisogna impressionare la gente. In effetti non occorreva andare così lontano nel tempo: nella stagione 2017-2018 in America, 80.000 persone sono morte d’influenza. Come vedete, sono più dei morti per la guerra in Vietnam. Ma non avrebbe fatto impressione e, soprattutto, avrebbe scatenato i riflessi condizionati dei “cani da cerca della minimizzazione”, per cui se dici una cosa vera che non sembra drammatica, persino se è più drammatica della cosa che sembra drammatica, minimizzi.

So benissimo che questo mio scritto scatenerà anche i paladini dell’aprite tutto, ma, a differenza di Repubblica, preferirei rivolgermi a un pubblico che capisce quel che legge invece che a un pubblico impressionabile, ma se non si comincia a trattare gli altri come esseri pensanti, persino loro penseranno di non saper pensare.

Per mia fortuna poche cose m’impressionano, voglio dire, nemmeno le cose gravi m’impressionano perché mi sono persuaso che il mondo è imperfetto e spesso detesto più l’ipocrisia che l’inefficacia di quell’imperfetta macchina umana che chiamiamo cervello. Ecco, l’ipocrisia di chi finge di raccontarti il mondo e invece vuole solo impressionarti, questo sì m’impressiona.