Il Gazzettino Rovigo – 19/05/2009
Piccole storie di un grande Balasso
Tra amara ironia, tocchi di comicità, pillole di saggezza e spunti di riflessione
di Elisabetta Zanchetta

La storia dell’umanità, quella ‘importante’, scritta sui libri di scuola e quella dell’uomo comune, più discreta e silenziosa, si assomigliano. Le ingiustizie, l’eterna lotta tra buono e cattivo, onesto e disonesto, sensibile e superficiale sono il pane quotidiano, il bivio posto di fronte a ogni uomo. Natalino Balasso, al teatro Sociale nelle sere scorse, con “La tosa e lo storione”, monologo di cui ha curato testo e regia (scenografia di Italo Grassi, scenotecnica di Suonovivo (Bergamo), produzione di Teatria Srl), ha portato sul palcoscenico un intreccio tra memoria storica, sogno, leggende, avvenimenti del passato conosciuti e un apparente immobilismo nella vita di un delta del Po degli anni Quaranta, dove, invece, la nebbia nasconde un’amara, ironica realtà fatta di colpi di scena. Il pubblico che riempiva il teatro, se inizialmente è stato coinvolto nelle batture del comico, capace di alleggerire gli avvenimenti storici del passato con una piacevole e immediata ironia, a fine spettacolo è rimasto ammutolito, prima di lasciarsi andare in un interminabile applauso finale, tutto meritato. Tra le righe, tra una voce narrante apparentemente sempre uguale e una mimica che movimenta l’interpretazione dei diversi personaggi del monologo, trova spazio il tempo di riflettere, oltre che di sorridere; l’attimo in cui la leggerezza di una battuta cede il passo a detti, espressioni che denotano una saggezza popolare senza età. “Non sappiamo più cos’è il silenzio: anche la musica è rumore, oggi”; “La natura è come il mercato: si fa le sue regole da sola”; “La barca è più logica dello scatolone (inteso come automobile, ndr): le vele vanno su e giù a seconda del vento”; “Nono sono le cose che ti fanno felice o triste, piuttosto i tuoi pensieri”: sono alcune delle pillole di coerenza del comico. Se, come afferma Balasso in apertura di serata “i pesci sono difficili da capire perché fanno sempre la stessa faccia, qualunque cosa succeda”, ecco che il sapore dolce-salato del Delta diviene scenario di tanti destini, il gusto da cui si lascia prendere la geografia degli avvenimenti. Balasso riesce a stupire intrecciando una storia di miseria materiale con quella che coinvolge il vuoto dello spirito, dove le coscienze sono più impegnate ad arricchirsi a suon di denaro piuttosto che di onestà morale. All’epoca di Gesù, poi di Ciceruacchio, per arrivare a un passato non troppo distante da noi, di circa 70 anni fa. Non importa chi siamo, né da dove veniamo. “C’è sempre un momento in cui la storia ti chiede di fare una scelta –afferma Balasso, e il pubblico non batte ciglio -. Anche il caso, alla fine, ti chiede di decidere. Volete farvi accompagnare dalla mano pietosa della vigliaccheria, dell’avidità? La vita terrena, va vista da lontano. Se è anche solo una piccola piroetta, su un immenso campo da hockey, scegli di farla bene”.