Il Resto del Carlino – 19/05/2009
La ‘tosa e lo storione’ fanno il tutto esaurito
Applausi a non finire per Balasso

di Daniela Muraca

TEATRO SOCIALE, ROVIGO
Non ci sono intonazioni intenzionalmente “nevrotiche” nella comicità di Natalino Balasso che fa avanzare in modo lento, cadenzato le parole, quasi con autorità, quasi con la solennità placida del fiume. Nel suo spettacolo “La tosa e lo storione” rappresentato al Sociale lo scorso sabato compare vestito da pescatore con gli stivaloni che sembrano ben attaccati al palcoscenico, metafora del suolo, delle “radici”. Così il tema onirico dei ricordi si può librare e gli aneddoti risalenti ai racconti di un fantomatico “papà-zio”, diventano paradossalmente parte di un lucido realismo nell’ ”eterno presente” dello scano, l’isolotto che affiora solo in alcuni periodi dalle acque del Delta e dove il tempo e lo spazio sembrano fermarsi. Al centro dell’affabulazione, la mitica pesca dello storione, che però, “per catturarlo bisogna prima sognarlo, ma pescare lo storione è l’oro dei poveri”. Leggende, storie, come quella del pescatore-seduttore con moglie e figli che traveste la “tosa” da maschio per averla di nascosto nello scano e “certo – recita Balasso – non si trattava di un santo. I santi, però, li vedevi camminare sui campi, come diceva Gino Piva”. Ossia erano persone semplici, ma, di sicuro, non ci si poteva aspettare di vedere arrivare un giorno due “straccioni”, proprio Gesù e San Pietro in incognito, giunti a saggiare nel Delta il termometro della bontà “perché la gente stava diventando cattiva”. Gesù non perde le sue abitudini e, respinto dal ricco imprenditore che non gli concede neppure un panino, moltiplica, invece, in un rinnovato miracolo dei pani e dei pesci, il denaro del custode che “guadagna a nero poche centinaia di euro”, ma lo aveva invitato a cena. Non si capisce, però, se la regressione sociale verso il più profondo egoismo sia irreversibile o meno, ma alcuni punti, ribadisce Balasso, restano fermi: “è più difficile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco in Paradiso”. Poi i dilemmi: “i pesci non sai mica come la pensano. Non puoi dire se sono buoni o cattivi, hanno sempre la stessa faccia anche se gli dai la più ferale notizia. Questa è l’epoca del pesce-siluro che mangia qualsiasi cosa, ma anche un pesce deve fare una scelta”. Filosofia trasognata e demenziale ma il suggerimento varrebbe per l’uomo e, come sosteneva Nietzche, anche Balasso esorta: “non guardare l’abisso o l’abisso gurderà in te”, il che sarebbe una calda raccomandazione “a fare in tempo delle scelte: egoismo e vigliaccheria fino alle bombe intelligenti che in guerra uccidono soprattutto i civili? oppure …che cosa s’intende fare?”. Ma il sipario prima di chiudersi strappa applausi e le ultime risate chissà se piegate verso un’impegnativa “coscientizzazione”….