ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI
di Carlo Goldoni

con (in ordine alfabetico)

Natalino Balasso, Arlecchino

Fabrizio Contri, Il Dottore

Marta Cortellazzo Wiel, Smeraldina

Michele Di Mauro, Pantalone

Lucio De Francesco, Servitore
Denis Fasolo, Silvio

Elena Gigliotti, Clarice

Gianmaria Martini, Florindo

Elisabetta Mazzullo, Beatrice

Ivan Zerbinati, Brighella

regia: Valerio Binasco

scene: Guido Fiorato

costumi: Sandra Cardini

luci: Pasquale Mari

musiche: Arturo Annecchino


regista assistente: Simone Luglio
assistente scene: Anna Varaldo
assistente costumi: Chiara Lanzillotta
foto: Bepi Caroli

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale



durata spettacolo: 2 ore e 40 minuti più intervallo

Non ho voluto avvicinarmi a un “mostro sacro”, un’icona come Arlecchino per testimoniare il mio rapporto con la teatralità. Certo, la forza impressionante delle prime commedie di Goldoni arriva fino a noi, anche a dispetto di molte ingenuità drammaturgiche, e di altrettante concessioni al gusto e alle convenzioni dell’epoca. Resistere a questa pura forza teatrale che si propone in modo giocoso, infantile, ballerino, non sarà impresa facile, e qualcuno potrà legittimamente domandarmi: perché resistere, dunque? Ho due risposte.
La prima è che le invenzioni di Strehler per rivisitare (per quanto possibile) la Commedia dell’Arte sono insuperabili, e si sono espresse con una nettezza che rende inutile e frustrante qualsiasi tentativo di incamminarsi sulla medesima strada.
La seconda, che ha una risonanza più intima per me, è che in questa commedia, (al pari di altre commedie del “primo” Goldoni) io avverto il richiamo di qualcosa che ha a che fare con un “certo tipo di umanità”, la cui anima travalica i limiti del teatro per il teatro, e chiede di essere raccontata con maggiore realismo, con maggiore commozione. E’ il richiamo di una tipologia umana di vecchio stampo, l’Italia povera ma bella di sapore paesano e umilmente arcaico che è rimasta attiva a lungo nel nostro Paese, sia sulla scena che nella vita reale, ha abitato il nostro mondo in bianco e nero, si è seduta ai tavoli di vecchie osterie, ha indossato gli ultimi cappelli, ha assistito al trionfo della modernità con comico sussiego, ci ha fatto ridere e piangere a teatro e al cinema con le “nuove maschere” dei grandi comici del Novecento, e poi è svanita per sempre, nel nulla del nuovo secolo televisivo. La voce di questa umanità è quella della Commedia.

Valerio Binasco
Prime note, estratto dalle note di regia di Arlecchino servitore di due padroni