FAMIGLIA CRISTIANA
10/07/2012  “Il messaggio evangelico? Quante incomprensioni e manipolazioni”, parola di Natalino Balasso, autore della piece teatrale “L’idiota di Galilea”

Al caffè discorre di Dostoevskij e di Vangeli apocrifi, ha recitato la commedia dell’arte e rivisitato Shakespeare, eppure quel “Verbo” in rete che è Wikipedia lo definisce un “autodidatta”. Evviva.   “Forse l’avrò detto in qualche intervista. O forse è perché non ho fatto scuole di prosa. Alla fine, però, m’interessa poco capire da chi ho imparato quello che faccio”, si schernisce Natalino Balasso, attore, romanziere e autore teatrale. Poi, rimandandoti con lo sguardo un “non ti curar di lor”, cita l’amato Epitteto, come il migliore dei discepoli stoici: “La tua reputazione non  ti appartiene”. Punto e a capo.

Ma ci sarà qualcosa che le dà fastidio quando parlano di lei… 

“Che mi presentino come il ‘comico della tv’, quando sono uno dei comici che ne ha fatto di meno. Ma ormai ho accettato anche questo cilicio”.
Infatti è dal 2004 che ha rinunciato ai monologhi comici televisivi per darsi completamente a teatro, cinema e romanzi. Che differenza c’è tra il pubblico televisivo e chi viene a teatro?
“So solo che per fare buon teatro ci vuole un buon pubblico”.
E qual è il buon pubblico?
“Quello che s’attende sempre qualcosa di più e di nuovo, e non di già visto. Purtroppo molti, oggi, vengono ancora a teatro per vedere la televisione. Quelli che hanno visto Zelig in tv vogliono rivederlo in scena. Invece sono convinto che il pubblico teatrale te lo conquisti sul palcoscenico. Ed è ciò che è accaduto: ho perso seguaci televisivi e ne ho acquistati di nuovi”.

- E allora veniamo al teatro. L’ultimo suo testo è “L’idiota di Galilea”, un monologo ambientato nella Palestina ai tempi di Gesù. Come mai questa scelta?
“Sono un grande appassionato di testi religiosi. E l’epoca dei Vangeli  è molto interessante: nasce il Cristianesimo, la novità religiosa che ha trasformato la storia”.
Ma  trova analogie tra l’anno “zero” del cristianesimo e i nostri giorni?
“Decisamente sì. Alcuni fenomeni sociali mi pare si ripetano”.
-A cosa allude?
“A un ritorno di certe forme di schiavitù. Nel mondo del lavoro, ad esempio: cominciamo a chiederci se siano più importanti le conquiste dei lavoratori o se si possa rinunciarvi per poter lavorare.  Insomma vedo il rischio di un ritorno al mondo delle caste, dei governatori, di chi aveva il potere assoluto, e dall’altra dei poveri sempre più violenti, perché sempre più poveri.
Anche a livello culturale? 

“Certo. Lo iato tra gli ultimi, gli ignoranti, e le elite s’è fatto ancor più largo. Non basta più saper leggere e scrivere per evitare l’analfabetismo, bisogna saper interpretare ciò che ci circonda. Altrimenti qualcuno pronto a trattarci da idioti ci sarà sempre. D’altra parte come spiegarci, sennò, il berlusconismo e il racconto del reale che esso ci ha propinato in tutti questi anni?”
La sua piece teatrale parla proprio di un idiota, anzi è il Vangelo secondo l’idiota, un ignorante garzone di bottega,  deriso da tutti per il suo poco cervello e scarsa loquela.
“Mi sono chiesto: i Vangeli, come tutti i testi sacri, sono stati scritti da intellettuali ed erano a disposizione di una ristrettissima elite colta, facoltosa e potente, che ha avuto modo di manipolarli. Ma cosa avrebbe potuto capire del messaggio di Cristo uno degli ultimi, un semplice, anzi l’ultimo dei semplici, un idiota che veniva allontanato con fastidio perfino dagli apostoli?”.
– E che idea del Maestro ne viene fuori?
“Da questo insolito punto di vista, appare evidente l’incomprensione che perseguita Gesù. Nessuno, neanche i suoi discepoli, lo comprende fino in fondo, e di questo se ne risente alquanto. E proprio quelli che non lo comprendono si ostinano ad emarginare  quelli che non la pensano come loro”.
– E’ un’amara considerazione…
“Che vale anche oggi per un certo tipo di intellettuale di sinistra come per il cosiddetto cristiano aperto”.
Cioè?
“Che rischiano una sottile forma di razzismo, cioè di esclusione  di chi non capisce, di chi ignora. Si rivendicano i diritti di persone alle quali, poi, non si aprirebbe la porta di casa. Insomma vorrei far esplodere la contraddizione insita nel rapporto col nostro prossimo, nel senso letterale del termine: il più vicino, ma che, proprio per questo, mal sopporti o addirittura detesti”.
E invece Gesù come si comporta?
“Nei confronti dell’idiota è sempre protettivo, perché  sente che c’ è quel lato dell’umanità che può percepire ciò che il lato razionale non comprende”.
Ne esce un Gesù sconfitto, incompreso. 
“Vorrei far emergere l’inadeguatezza  di chi ascolta il messaggio che vorrebbe essere universale ma… In Emilia i meccanici di biciclette dicono che ‘c’è qualcosa che tocca’  ed è la distanza tra messaggio e chi lo riceve”.
Incolmabile?
“Mi sembra semplicemente incompatibile il dialogo tra la natura divina e quella umana. In un altro mio spettacolo, “La tosa e lo storione”, affronto lo stesso tema e, a un certo punto, Gesù ammette che l’errore lo ha commesso suo padre perché pensa di poter parlare agli umani come fossero esseri intelligenti, comprensivi, ma così non è”.
Però nella piece proprio l’idiota, seppure non riuscendo a esprimerla, arriva a una sintesi personale, comprensibile, umana delle parole di Dio racchiuse nei dieci comandamenti…
“Sì, è vero. Il suo decalogo si riduce a tre grandi regole: non adorare nessuno che ti chieda di farlo, abbi cura di ciò che tu sei e rispetta tutto ciò che non sei”.
– Natalino Balasso è un credente?
“No, sono uno che non crede nel verbo credere. Sono un Santommaso, un rompiscatole. E poi che significa credente o non credente? Siamo costretti in gabbie linguistiche che ci spingono a autodefinirci in qualche modo, ma che non spiegano mai davvero chi siamo”.
Che cosa le ha lasciato l’esperienza del  seminario che ha abbandonato all’età di 15 anni?
“Mi ha permesso, per esempio, di conoscere bene i testi sacri, che peraltro continuo a leggere”.
Dei Vangeli cosa le piace?
“Quelle pagine in cui, più esplicitamente, il Messia e il suo messaggio mettono in crisi la convinzione piccola, intellettuale dell’uomo. Quando la Parola è pietra d’inciampo, come nell’episodio del giovane ricco, perché smaschera un’avidità, un interesse personale camuffato da un discorso logico, per fare diventare accettabile agli altri quello che tu non accetti. E’ come se Gesù ti dicesse: ‘ti offro uno specchio. Guardati e prova a ridire quello che hai detto pochi istanti fa, ora che sai davvero chi sei’”.
Torniamo al Balasso “filosofo” che nell’”Idiota di Galilea”  osa parlare anche della morte e di come ci si dovrebbe presentare davanti ad essa. 
“Dice ancora Epitteto che devi essere capace di restituire quanto hai posseduto in vita, senza sapere quando e chi te lo chiederà. Insomma quello che hai ti è dato solo in prestito e ti sarà chiesto indietro”.
Balasso ha già restituito un po’ di celebrità televisiva. Ma ci ha guadagnato in cambio la possibilità di affrontare l’esame del pubblico più severo, quella del palcoscenico. Da privatista “autodidatta”, naturalmente.