Il secondo spettacolo della trilogia dedicata a un personaggio truffaldino: Toni Sartana

di Camilla Tagliabue (IL FATTO QUOTIDIANO * 9 febbraio 2018)

No, qui non ci si “annoia come un vibratore in casa Siffredi”: Toni Sartana e le streghe di Bagdàd eccita il riso e titilla l’intelligenza, in due ore e mezza e passa di recita, che scorrono lievi, amare e sveltine.
Prodotto dallo Stabile del Veneto, lo spettacolo “è nato dalla fantasia di Natalino Balasso” ed è il secondo della trilogia “La Cativìssima”, dedicata a un personaggio truffaldino e perciò irresistibilmente comico: Toni Sartana. Mentre nella prima pièce il protagonista si arrabattava per una poltrona in politica, in questa seconda spasima per la carriera aziendale.
TUTTO HA INIZIO a Bagdad, dove Sartana e il compare Bordin vengono spediti dall’agenzia “San Marco uccide” come contractor nella missione “Easy Isis”. E’ qui che le streghe del titolo, ridicola parodia di quelle del Macbeth, predicono a Toni un futuro glorioso e danaroso. Per caso, infatti, i due salvano il signor Munerol, magnate dei “jeans coi strappi”: costui, per ripagarli, li assumerà direttamente, e in ruoli dirigenziali, nella sua prospera azienda di vestiti, che sottobanco vende armi ed è affiliata alla massoneria dei “Magna Schei”.
La regia dei questa deliziosa e stralunata commedia è collettiva, firmata dal capocomico Balasso insieme con un eccellente cast di giovani, tutti -verrebbe da dire- caratteristi di razza, se non fosse che i caratteristi godono di cattiva stampa e la razza lasciamo perdere: Francesca Botti, Andrea Collavino, Marta Dalla Via, Denis Fasolo e Beatrice Niero. Molti di loro li si è visti diretti da blasonati registi, come Ronconi e Martone, oppure sul palco con opere autorali di drammaturgia contemporanea: eppure, mai come in questo allestimento è possibile apprezzare il loro istrionico talento.
In scena è un tourbillon di invenzioni, battute e gag, non banali né volgari: la presa in giro cannibalizza chiunque, dai giornalisti agli imprenditori, dai musulmani ai preti, dai transessuali ai sindacalisti, dai malavitosi a Shakespeare, ridotto a citazioni che nessuno capisce però riempiono la bocca. Fanno parte di questo umano bestiario personaggi esilaranti (la moglie di Toni, Lea, una Lady Macbeth del Nord Est; la vampiresca segretaria Sharon; la mafiosa arrapata; Bordin, un utile imbecille…), così allucina(n)ti da sembrare reali, a meno che la realtà non sia solo un’allucinazione.
Se la commedia non suona scurrile o triviale è anche merito di Roberto Tarasco, che cura “scenofonia, luminismi e stile”, insieme ai rutilanti costumi di Lauretta Salvagnin. La scena, semplice, si compone di palchi e cubi, assemblati ora per ricreare un ufficio, ora un appartamento, ora un locale di spogliarelliste (il “Patatina fritta”)…La tappezzeria degli arredi è un collage di banconote ritagliate: su una poltrona, ad esempio, si legge “suca”. Sarà la nuova moneta unica?