di Rodolfo di Giammarco (Repubblica Nazionale – 14/11/2024)
Rinasce come nuovo, a 76 anni di distanza dal 1948, il testo La grande magia di Eduardo De Filippo, e il merito va al “tagliando” reso da frugalità e progressiva astrazione degli spazi su cui ha puntato la regia odierna di Gabriele Russo che ha valorizzato la scrittura eduardiana affidandone i ruoli di protagonisti a due esemplari attori extrapartenopei. Ha scritturato il veneto Natalino Balasso per la parte egoista-vittima di Calogero Di Spelta, e il torinese Michele Di Mauro per la figura ambigua del prestigiatore Otto Marvuglia, scommesse perfette.
Come avvio dello spettacolo prodotto da Teatro Bellini, Biondo di Palermo e ERT, c’è l’indimenticabile voce dell’autore, al 40° anniversario della scomparsa, rievocante la genesi ardua di questo copione sorto per illustrare la lotta fra teatro del mondo e mondo del teatro. In una vita fondata su giochi di prestigio sorretti da fantasticherie, con alla base un esercizio di fede, eccoci nella scena morigerata (e diremmo ora moderna) d’un hotel alle prese con l’appuntamento dato da un mago da corte dei miracoli: a lui, un Di Mauro con inusitato carretto e con un teschio in mano, si rivolge una coppia solo formale di clienti, perchè accetti di far sparire la moglie (l’avvenente Alice Spisa) d’un signore borghese, Balasso. Senonché la donna ha un amante, e coglie l’occasione per fuggire via con lui. In ribalta non c’è traccia del sarcofago egiziano indicato da Eduardo come nascondiglio, e non si scorge il motoscafo con cui scappa il duo clandestino.
Al coniuge che non si dà pace l’incantatore offre una scatola di legno garantendogli che dentro c’è la consorte: se animato da piena fiducia in lei, il marito la ritroverà lì dentro. Nella favola passeranno quattro anni, col contenitore mai aperto. Il secondo atto introduce alle retrovie da strapazzo del fattucchiere, munito di caratteriale moglie (Sabrina Scuccimarra), in un impianto essenziale (a firma di Roberto Crea). Trascorre il quadriennio e il terzo atto ci porta in un interno al massimo antinaturalistico, fatto di sole pareti, la casa del marito tradito. Inutilmente si ripresenta la signora eclissatasi: oramai lui, preferisce vivere d’illusione con lo scrigno chiuso. Tra ragazzine semimorte, complici del veggente, bel cast di ipocriti, e con i due antagonisti in linea con una regia contemporanea, ecco un Eduardo da non perdere, a Modena fino al 17.