INTERVISTA
di Alessio Mannino (Vvox.it * 23/09/2018)

L’attore veneto su giornalismo («meglio le antiche redazioni»), comunicazione politica («bestemmia è un selfie di Salvini con rosario») e arte («l’artista è un reietto che piace»). E sul prossimo “discorso di Capodanno” ci dice che…

I veri pensatori, oggi, sono i comici. Nell’era dei paradossi (siamo liberi ma i “mercati” son più liberi di noi, siamo uguali ma c’è sempre qualcuno più uguale degli altri, siamo sempre connessi ma anche sempre più soli), é dallo speciale senso dell’ironia, dell’umorismo e del grottesco così vivo fra gli attori della risata che può venire un punto di vista davvero critico. Quello di Natalino Balasso è esattamente così, almeno per chi scrive. Fa ridere collegando la pancia alla testa. Nato a Porto Tolle in provincia di Rovigo nel 1960, reso famoso dalla tv, interprete di fiction e film anche drammatici, scrittore prolifico, considera il suo mestiere soprattutto il teatro: «tutto il resto lo considero un hobby. Cerco di fare cose che mi piacciono e di non infilarmi in contratti che obbligano a produrre arte quando non ho niente da dire». Di cose ne dice parecchie invece su Telebalasso, il suo canale Youtube dove da anni cura con costanza un’autoproduzione di video goduriosamente spassosi, facendo quel che pochissimi fanno: satira sociale e culturale. Di se stesso scrive sulla pagina sul Fatto Quotidiano online: «Per campare faccio l’attore soprattutto in teatro, ma anche nel cinema e in televisione. Qualche volta faccio ridere. Scrivo libri di narrativa, meno di quanti vorrei scriverne. Ritengo che il Ministero per la Semplificazione dovrebbe cominciare tagliando se stesso. In una lingua sanscrita di 4000 anni fa la parola “stelle” si diceva “staras”, oggi gli americani dicono “stars”; credo che negli ultimi 4000 anni non abbiamo detto niente di nuovo sotto le stelle».
Come definiresti il giornalismo oggi? Non come dovrebbe essere, attenzione, quello lo sappiamo (intellettualmente onesto, rigoroso, indipendente e bla bla bla). No, come è, come lo vedi tu.
Oggi il giornalismo non ha più la patente sociale di unico inquilino della stanza delle news. I social e la connessione continua in rete hanno fatto scoprire alla gente che le persone normali possono non solo influenzare i media, ma anche essere protagonisti ed argomento del giorno. La velocità con cui le notizie si consumano spingono i giornali ad affidarsi all’effetto emotivo, con pubblicazioni rapide e poco controllate, in cui la menzogna può vendere il doppio: prima la bugia, poi la smentita. Sono poi nate figure di divulgatori, inquirenti, debunker, etc che in realtà creano confusione nella immagine che il pubblico può avere del giornalista, molte di queste persone non sono nemmeno giornalisti, e, per quanto possano saper fare quello che fanno, non viene loro richiesto di dimostrarlo. Non che i giornalisti abbiano una preparazione per legge, ma l’antica consolidata pratica della redazione, in qualche modo, riusciva per lo meno a fare affiorare quello che un tempo si chiamava mestiere. La dipendenza dei giornali, non più dai lettori, ma da sponsor politici ed economici, ha poi creato un divario sempre più netto tra l’approfondimento e lo spot.
Sul tuo canale Youtube, Telebalasso, hai lanciato la rubrica settimanale Redbox. Nell’ultima puntata ti prendi gioco della tv di aiuto o di ascolto. Ma in generale, non credi che la tv, come arma di distrazione di massa, sia stata quasi soppiantata da internet, fatta eccezione magari per gli anziani?
Come ripeto sempre, internet non è altro che una grande tv generalista. In Redbox metto in luce in un modo che deve apparire leggero e persino scanzonato, i limiti della comunicazione umana che vanno di pari passo coi limiti dell’umanità, quindi anche e soprattutto della comunicazione su web.
Il governo di Movimento 5 Stelle e Lega vuole chiudere i centri commerciali di domenica. Una tua battuta dice che “le carte di credito ipnotizzano la vulva”. Dalla protesta, anche da sinistra, che viene contro la proposta di legge, sembra che abbiano ipnotizzato anche i cervelli. Tu che ne pensi?
Penso che il consumo abbia ormai mangiato il cervello di tutti. Quando vuoi criticare una politica economica basta che dici che i consumi calano. Il problema è cosa consumiamo? Dobbiamo davvero essere felici che aumentino i consumi di armi o di shampoo?
Cito da un tuo divertentissimo video sul tema del lavoro: per essere felici, anziché stare “10 ore al giorno in un ufficio per farsi invidiare da tutti tranne che da te stesso” basta “una spiaggia, molto tempo libero, una vita semplice in cui il più grosso dei problemi sia infilare delle cazzo di perline in una fottuta collanina che venderai per 3 dollari e 50 a una cicciona che la perderà nel giro di 48 ore”. Ok, ma chi deve campare ed è costretto ad accettare un lavoro pur di mantenere se stesso e magari una famiglia? E’ condannato a prostituire la propria vita?
In quel video il tizio che diceva di essere felice, mostrava poi la foto di un capannone in cui stipava 200 cinesi per produrre cianfrusaglie elettroniche con cui inondare i mercati occidentali. Ma il fatto che la serenità mia debba dipendere dall’infelicità altrui è una cosa che abbiamo inventato noi, è un riflesso condizionato che ci fa stare più sereni quando, ad esempio, Salvini dice che arrivano meno migranti. Lo diceva anche Minniti, ma lo sappiamo bene che se facciamo un accordo con quel che resta della Libia, i migranti che non riescono a venire qua vengono torturati, venduti, uccisi. Ma l’importante è che ciò non avvenga davanti ai nostri occhi. Ecco la grande ipocrisia: Salvini che sgrana i rosari mentre si fa i selfie è la bestemmia del contemporaneo.
Il tempo che sembra sempre mancare da un lato, e dall’altro la precarietà esistenziale (lavorativa, economica, ma anche negli affetti sempre meno stabili), almeno a chi ti sta intervistando, danno l’impressione di una società, la nostra, che corre senza sapere perché. Uno straccio di spiritualità non sarebbe il caso di recuperarla (e non sto parlando necessariamente di religioni, tanto meno quella cattolica)? Tu che dici?
Dico che un senso della spiritualità sarà sempre presente nell’uomo, anche nell’uomo disincantato del futuro. Magari questa spiritualità viene distillata nei piccoli riti quotidiani, nella cura per le piante, nella contemplazione del mistero degli animali, nella solidarietà per un individuo lontano che non conosceremo mai. Anche soffrire per gli andamenti della Borsa è una forma di misticismo. Certo, se tutta la spiritualità di un individuo si esaurisce nei rosari o negli oroscopi, non vedo la cosa come qualcosa di elevato.
“Perché ci sia alternativa, bisogna prima essere capaci di pensarla”. E’ una tua frase che centra il problema: la mancanza di pensiero. Non trovi che sia più l’Arte, ormai, a far pensare, attraverso i paradossi (per esempio quelli usati in satira, specie se sociale e culturale) che non la Politica, ridotta ad ordinaria amministrazione dell’esistente obbligato? Scusa i maiuscoloni, ma è per dare il senso dell’importanza di quello di cui parliamo…
L’Arte da sempre pone l’uomo di fronte ad un punto di vista inaspettato, non sempre ci riesce ma un po’ è così. Un Artista che sente l’obbligo morale della propria presenza non appartiene alla società, è una specie di reietto santo, qualcuno da ascoltare ma da non frequentare, è un animale che ti piace ma che morde. Gli artisti dei salotti sono cagnolini ammaestrati che in cambio dei biscottini fanno le piroette. La politica non può che correre a mettere toppe alle falle che la realtà si diverte a creare nei nostri schemi fintamente ordinati, l’Artista ha invece il compito di immaginare.
Domandone finale metafisico (ma neanche tanto): cos’è il tempo, per Natalino Balasso?
Il tempo è ciò che ci affanniamo a guadagnare col nostro lavoro per poterlo perdere.
Per l’ormai tradizionale discorso di Capodanno di quest’anno stai già lavorando? Riesci ad anticiparci qualcosa? A proposito: come ti è nata l’idea?
Parecchi anni fa Beppe Grillo s’inventò un discorso ironico e grottesco alla nazione, parodiando il tradizionale discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Quello schema è stato copiato da cani e porci, bestie tra cui includo anche me. La variante che ho inserito è che non si tratti di un consuntivo, di un discorso di fine anno, ma di un discorso di speranza, un discorso di capodanno, e serve a dire cinicamente che speranza non ce n’è. Non so ancora come sarà strutturato il video che farò quest’anno, ma di sicuro affronterò il tema della suscettibilità degli italiani. Siamo un popolo che si offende per qualsiasi cagata.