di Sara Centenari (Bresciaoggi * 07/01/2019)

“Velodimaya” è il titolo dello show al Brixia Forum. “I politici? Sono attori, ma vogliono essere creduti. Rinforziamo la scuola, ma anche le basi dei docenti”

Motivato a spendere: demotivato rispetto alla vita che conduce. Bastano poche parole a Natalino Balasso per dipingere un ritratto dell’italiano comune, nel suo apprezzato discorso di Capodanno 2019 che viaggia sull’autostrada del web. Dieci minuti di staffilate agroamare e sciabolate che tagliano in quattro parti il discorso: un po’ di turpiloquio dentro frasi eleganti, una spruzzatina di venetaggine polesana (“Calderòn de la Barca non l’è de Vicensa, l’è uno spagnolo del Seicento”), ampia spolverata di analisi della comunicazione politica e una guarnizione cremosa di filosofia, che sovrasta il tutto e fa anche da base.
E’ DAL MONDO delle idee di Arthur Schopenhauer e dalla tradizione culturale indiana che proviene infatti il titolo dello spettacolo “Velodimaya” in programma sabato al Dis-Play di Brixia Forum (biglietti a 20 o 30 euro, informazioni su cipiesse.bs.it).
Qualcuno le ha fatto concorrenza il 31 dicembre: il presidente della Repubblica Sergio Mattarellla, che ha ottenuto un grande ascolto. Condivide i princìpi?
Ho apprezzato soprattutto il riferimento al senso della comunità tra cittadini che sono legati per forza gli uni agli altri, il richiamo all’importanza di tutti gli elementi di una collettività: uno Stato in cui si deve vivere insieme senza abbandonarsi a ostilità, intolleranza, violenza. Certamente per alcuni ruoli istituzionali è necessario ricorrere alla retorica, artificio che in altri ambiti potrebbe “ingessare” la comunicazione: ma i politici hanno il dovere di parlare di esempi e valori.
Nel suo discorso di “auguri” per il nuovo anno ha costruito invece una divertente gag sul ritrovamento di un capriolo: un esempio comico di come un benintenzionato ignorante possa fare disastri. Era evidentemente un paradosso ma dice di essere stato ricoperto di insulti. E ha aggiunto: “Non siamo tutti Fedez! Non metto la mia vita vera dentro quello che racconto per fare arte e spettacolo”. Parlerà anche di questo a Brescia: dell’incapacità di distinguere il vero dal falso, la realtà dall’artificio?
Sì, quel tipo di reazione ostile, immediata e di pancia, di molto frequentatori di social che travisano l’ironia è un aspetto. Ma c’è un’altra pericolosa aberrazione di cui voglio parlare e di cui tutti dovremmo preoccuparci: riguarda la comunicazione politica. Io ricorro ad artifici artistici e vengo preso per “vero”, perché magari qualcuno travisa l’ambiguità del paradosso che porto sulla scena e che vorrei venisse colto. Al contrario i politici ricorrono alle tecniche artistiche con il fine di essere presi per sinceri. E vengono creduti. Noi vediamo Salvini, ad esempio, che a varie ore del giorno mangia Nutella o altri cibi che ha notevole interesse a mostrarci, di continuo, nei suoi post. Quella però è performance, una manifestazione costruita ad arte: finzione.
Quindi vi imitano?
L’arte cerca di mostrarci l’ambiguità dentro la realtà. Il politico non dovrebbe inseguire questo schema perché è lì che deflagra, la confusione tra i cittadini. Il politico dovrebbe stare nella realtà, parlarci della verità, di quello che lui crede sia la verità stando ai dati concreti cui ha accesso. Invece chi governa va incontro a ciò che il pubblico ama: si comporta da artista e viene meno al suo ruolo. Di questo parla “Velodimaya”.
E’ stufo, mi par di capire, dei giornalisti che chiedono agli artisti le possibili soluzioni per uscire da questa realtà conflittuale…
Ne usciremo, appunto, quando la gente smetterà di chiedere risposte serie ai comici e di esigere invece capacità di essere divertenti a ministri e parlamentari. La comicità assomiglia alla filosofia, i temi del dramma sono più affini a quelli del campo religioso: in ogni caso l’arte suggerisce un punto di vista, non una risposta. Il mio parere sulla possibilità di un cambiamento è da anni uguale: il livello di tutta la vita del Paese si cambia partendo con l’istruzione.
Prevede che accadrà?
Non accadrà finche le nazioni spenderanno per l’esercito 10 volte quello che investono nella scuola. Ma non è tutto qui: vorrei che chi insegna sapesse farlo. Sono d’accordo con Umberto Galimberti: il docente ha il dovere di essere affascinante, “catturante”. Non prendiamocela con la maleducazione o l’incapacità di concentrarsi dei ragazzi: li mettiamo nelle mani di tanti maestri o professori che non sanno invogliare alla conoscenza. E poi magari destiniamo questi giovani a un futuro di psicofarmaci, così, per farli stare più concentrati. Non dobbiamo temere le fake news ma i “fake brain”.