di Vanni Raineri (Il Piccolo Cremona – 18 febbraio 2023)

Il Teatro di Ragazzona sorprende sempre più per la qualità e il richiamo degli spettacoli proposti. L’ennesima riprova sabato scorso, grazie alla presenza di Natalino Balasso, ormai un habitué del Teatro Arena del Sole di Roccabianca, sold out anche stavolta con anzi la necessità di aggiungere nel cinema-teatro recentemente ristrutturato alcune sedie in plastica. Sotto lo sguardo delle 9 statue di Ximenes sopravvissute alla guerra e al bagno nel Parma, Balasso ha proposto un personaggio decisamente calzante: il Ruzante nato dall’immaginazione dell’autore padovano rinascimentale Angelo Beolco, che poi divenne celebre proprio con quel nome. Balasso stesso ha evocato Beolco nel suo nuovo testo che dimostra la doppia lettura dell’antico autore, sia nella comicità istintiva che nei riferimenti colti e nella profondità del pensiero. Il linguaggio scelto, come affermato dallo stesso Balasso, è il fiorentino cinquecentesco infarcito di ventesimi ispirati all’autore dagli scritti di Antonio Pigafetta, contemporaneo di Beolco. Di amore e di guerra era intriso lo spettacolo, che ha visto per un’ora e mezza Balasso affiancato sul palco dai bravissimi Andrea Collavino (nei panni di Menato) e Marta Cortellazzo Wiel (Gnua): non a caso “Amori disperati in tempo di guerre” è il sottotitolo di “Balasso fa Ruzante” (ma, aggiunge la regista Marta Dalla Via, “questo titolo è un inganno! E’ Ruzante che fa Balasso!”). Gnua è la ragazza contesa da Ruzante e Menato (e pare non solo da loro), e su questo rapporto si snoda la prima parte, che strappa spesso applausi e risate dal pubblico, mentre la seconda fa precipitare lo spettatore nella crudeltà della guerra. Notevole l’affiatamento dei tre protagonisti nelle diverse situazioni che si vengono a creare, in una scenografia che passa gradualmente dal rassicurante paesaggio rurale a quello spoglio e dai tetri colori accompagnato dai rumori della guerra, in realtà provocati da cannoni e mitragliatrici, armi non certo quattrocentesche, ma non è certo un errore di concetto, bensì una scelta finalizzata all’effetto pienamente centrato. L’intero spettacolo (una coproduzione del Teatro Stabile di Bolzano ed Ert/Teatro Nazionale) si regge sul sottile equilibrio fra comicità e dramma, il tutto nell’assoluta incapacità da parte dei poveri protagonisti di esercitare qualche controllo non solo sui propri diritti ma nemmeno sul corso della propria esistenza.