Brescia Oggi – 01 Maggio 2008
Quelle tre generazioni segnate dall’acqua
di Maria Elena Loda

Come una vecchia sposa che rammenti il giorno delle nozze con relativa orchestrina di liscio e commensali danzanti sull’aia, Gina inizia nostalgica a raccontare il 1951 alla platea del Teatro Alberti di Desenzano. Insieme a Cedric La Fontaine e ad un animatore di club vacanze, Gina è –come dice il titolo della piéce- uno dei “Viaggiatori di pianura” scampati alle “Acque Mobili”: con un linguaggio un po’ guareschiano, Laura Curino, assolutamente perfetta nell’incarnare la generazione del dopoguerra, porta il suo pubblico a rivivere l’Italia povera e sincera di 50 anni fa, quando l’alluvione del Polesine trasformò i campi in mare: la bella cadenza rovigotta, gli accenti regionali, dipingono un quadro vibratile di moboli sfaldati dalla piena, case devastate, animali morti, mentre sui tetti lei, in abito nuziale, aspetta coi paesani i soccorsi e dice novene seguendo il sacerdote.
Originale e toccante, Laura Curino, “vecchia guardia” sopravvissuta ad una catastrofe, si fa portatrice di nomi antichi, i nomi dei nonni: Irma, Mafalda, Ida, il marito Aldo che i flutti hanno inghiottito, e il mulo Mario, unico superstite della sua famigliola.
Ad Ascoltarla con la tristezza del cognac nella voce, è Natalino Balasso, alias Cedric La Fontaine, il cui spirito blues racconta in ritmo un’altra catastrofe d’acqua: suonavano fumando cicche in sequenza lui e i suoi soci, in quel torbito “Lion’s Dream” di New Orleans, quando “l’uragano Katrina” –dice Cedric- ha deciso di punire questa grassa, peccaminosa America…”.
Con una voce raspante e il gesto ribelle è ancora più convincente nel suo ruolo da pianista di seconda categoria a cui manca l’amico di colore Frankie, “ormai a suonare la batteria davanti a Dio, fratelli”. È l’America jazz quella descritta da Natalino Balasso, l’America dove, viene detto, “gli elicotteri dei soccorsi volano prima sulle città dei bianchi, mentre New Orleans è nera, dannazione”.
Infine parla Cristiano Burruano, a puntino scelto per il ruolo del sognante, giovane animatore della “Google generation” con Fi Fi Island negli occhi: su un mare immacolato fatto di club vacanze, il lusso delle docce emozionali e dei corsi di yoga, well-being tra barriere coralline immacolate e tecnologia wireless perfino in spiaggia, il ricco Occidente che deve evadere dalla cybersociety paga il prezzo della sua sordità verso la natura: lo Tsunami s’abbatte, privando anche il giovane della sua fidanzata.
Tre età, tre generazioni, tre linguaggi differenti, tre cataclismi, tre mondi segnati dall’acqua, e un unico, universale sentimento umano, valido a tutte le longitudini e in tutte le epoche: aver avuto salva la vita, perdendo chi si amava.
Bellissimo spettacolo, dove il riso della platea si tinge d’amaro, nel toccare una volta di più la precarietà della vita.