SATIRA. Risate e caldi applausi per il comico, autore e regista in scena all’Odeon di Lumezzane

di Alessandro Faliva (Bresciaoggi * 11/12/2015)

Una “risibile” ascesa fin troppo simile alla realtà. Con “La Cativìssima” Natalino Balasso ha presentato all’Odeon di Lumezzane la prima parte di una trilogia fantapolitica dedicata alla figura di Toni Sartana, personaggio di malaffare, e della sua salita al potere in una venetissima Regione chiamata Serenissima, ai confini con la Regione Giulia.
Il vecchio rapinatore appende la pistola al chiodo e si butta in politica con un obiettivo preciso: diventare assessore ai Schei. Sì, perché ovviamente è intorno ai soldi che gira tutto: discariche e ospedali, inceneritori (anzi, “ceneratori”) e villette, campagne elettorali e voti di contrabbando. L’arrembante Sartana, impersonato dallo stesso Balasso, nelle oltre due ore di rappresentazione scala la piramide socio-televisiva di questa terra preda di corruzione e finzione. Attorniato di sciacquate e picchiatori da stadio neofascisti, politicanti accattoni e megere arrembanti, il protagonista non ha scrupoli al di sopra del bassoventre e gioca ogni possibile bluff, imponendo tasse sulle tasse e svendendo la dignità di ogni metro quadrato di terra.
Incalzato dalla moglie, la signora Lea, commette ogni sorta di tradimento a scapito di parenti e amici, arrivando anche a conquistare la regione Giulia, “invasa” dagli alpini che seminano terrore tra la popolazione. Il protagonista di Balasso -qui in veste anche di regista- è quasi un essere mitologico e stereotipato: amalgama di vizi e contraddizioni, più simile a una maschera da Commedia dell’Arte. Lo stesso Balasso non nasconde di aver preso spunto da varie suggestioni per plasmare la sua creatura. E così il suo Sartana rimanda all’Abu Re di Jarry, accanto a una perfida “first lady”, che condivide rustiche e maligne pulsioni con l’illustre collega Lady Macbeth.
Ci sono una spruzzata di Quentin Tarantino in salsa padana, innesti di tragedia greca, citazioni da social network e tv, forse piccoli rimbalzi da “Il Caimano” o da “La grande bellezza”. Il tutto miscelato con una comicità di largo consumo e spesso di basso profilo – lo stesso Balasso a un certo punto confessa: “Ci sono un po’ troppe parolacce in questa commedia” -, che però riesce a strappare risate e applausi alla platea.