Natalino Balasso porta al Comunale gli altri disperati del contadino Ruzante in tempo di guerra

di Federica Pezzoli (Estense.com – 26 marzo 2023)

Un contadino, la sua giovane sposa e l’ex di lei, che tradito e abbandonato dalla nuova innamorata, invidia la felice coppia e mette zizzania tra i due, nonostante sia amico di entrambi. Sono Ruzante, la Gnua e Menato, tre popolani, immersi nella campagna veneta del Cinquecento in cui regnavano la paura di non avere da mangiare, il lavoro pesante e le furberie ingenue ma talvolta spietate, dettate dal bisogno di sopravvivere. Attorno a loro ruota “Balasso fa Ruzante (Amori disperati in tempo di guerre)”, la riscrittura fatta da Natalino Balasso a partire dai testi dell’opera di Angelo Beolco, con la regia di Marta Dalla Via, in scena al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara fino al 26 marzo.

“Uno straordinario teatrante della mia terra, poco conosciuto… anche in Italia. Ma che è senz’altro il più grande autore di teatro che l’Europa abbia avuto nel Rinascimento prima ancora dell’avvento di Shakespeare. Sto parlando di Ruzzante Beolco, il mio più grande maestro insieme a Molière: entrambi attori-autori, entrambi sbeffeggiati dai sommi letterati del loro tempo. Disprezzati soprattutto perché portavano in scena il quotidiano, la gioia e la disperazione della gente comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, la costante ingiustizia”. Così Dario Fo descriveva Beolco, e Natalino Balasso pur scrivendo una drammaturgia originale, rispetta la natura della sua fonte di ispirazione.

Ruzante, interpretato proprio da Balasso, è un contadino del padovano, forse non troppo intelligente, sicuramente non ‘studiato’, ma onesto, lavoratore, di buon cuore e abbastanza ‘poeta’ da aver fatto innamorare di sé la Gnua (Marta Cortellazzo Wiel), la sua giovane sposa, bella e innocente come la campagna che abita, ma non certo stupida, anzi pragmatica e sicuramente solo in apparenza sottomessa. A completare il triangolo, Menato (Andrea Collavino), compare di Ruzante, precedente amante di Gnua: le ha preferito un’altra che poi lo ha abbandonato. Menato è quasi il ‘filosofo’ dei tre ed è geloso della loro felicità perché la solitudine gioca brutti scherzi. Oltre a lui, a complicare le cose ci si metterà anche la guerra. Ruzante perderà il suo piccolo campo e partirà soldato in cerca di un bottino per rifarsi.

Tutti i nodi verranno al pettine mesi dopo a Venezia: i tre si ritroveranno insieme, uguali eppure cambiati. Chi sceglierà la Gnua? Seguirà il cuore o il pragmatismo? Lei che, come tutte le donne in tutte le guerre, ieri come oggi può solo pensare a come sopravvivere, mentre gli uomini pensano al potere, alle ricchezze e all’eroismo.

Beolco viveva nel padovano e ne ha raccontato gli abitanti condannati alla povertà, la vicinanza con la natura fatta di campi e animali, contrapposta al vizio e all’artificio della città. Natalino Balasso ricalca questa intenzione e costruisce uno spettacolo in cui tragico e comico si alternano e si fondono e le vere protagoniste sono le relazioni umane, in quanto fondate su sentimenti universali: l’amore, l’invidia, l’avidità, la disperazione. E se la risata facile si ottiene con la battuta al limite della decenza, al limite della volgarità, in realtà, scavando oltre la superficie, si scopre che in realtà è uno strumento di critica anche per il presente.

‘Ruzzare’ sta per ‘rincorrersi per giocare’ e questo fa Balasso con la lingua, creando giochi e scherzi come ‘vettovagliamento’ che diventa la tovaglia per il mento, cioè il bavaglino. E anche i tre attori in scena, recitano e giocano, fino all’improvvisazione pura, che può nascere da un errore sul testo, recuperata senza batter ciglio, tanto è il loro affiatamento.

E a fine serata Natalino Balasso non si risparmia e regala al pubblico ferrarese un piccolo fuori programma di ulteriore comicità altrettanto sanguigna.