Con Balasso al Ctm la risata è umana e popolare

di Simone Tonelli (Giornale di Brescia * 22/02/2015)

Ci sono cose che uno non immagina neanche che potrebbero far ridere…Invece…Un’antologia (un’enciclopedia?) italiano-veneta della risata. Vivente. E’ Natalino Balasso, l’altra sera, venerdì, al Teatro Ctm di Rezzato, per tre ore (tra uno scoppio di ilarità e l’altro, lui trascina il pubblico e il pubblico trascina lui), in scena su invito del Cipiesse con “Stand Up Balasso”, un “il meglio di” comico per una platea da tutto esaurito.
Si comincia con l’attore di Porto Tolle che, inforcati gli occhiali, legge improbabili definizioni della categoria “amici veneti” (“Non ascoltano i pettegolezzi sul tuo conto. Ne mettono in giro di nuovi”). E il clima, per complicità, è un po’ quello. Lo stile è da affabulazione comica: “Il 90% di quello che sappiamo ce l’hanno raccontato, non l’abbiamo vissuto. Tanto che, se una cosa non la racconti, pare che non esista”.
E così Balasso dà il via alla narrazione, anzi, alla digressione, perchè ogni storia ne nasconde sempre un’altra, e ogni battuta diventa un’Odissea (anche di Ulisse e Polifemo e, prima, di Paride e Priamo si parla) di facezie.
La storia è passione sincera (Una storia orizzontale, di gente che migliaia di anni fa aveva i nostri stessi sentimenti, e ci parla ancora oggi), ma anche virtuosistico gioco di parole (dalla Mesopotamia spunta un racconto sui “somari dei sumeri semiti e non semiti”).
L’antico, e amato, dialetto pavano diventa spasso per una lingua che perde tutte le consonanti (“i gà igà i gai”, per “hanno legato i galli”). Ci sta anche uno “Stabat Mater” pietoso per chi soffre, una leggenda comica con morale su una divina punizione (una portentosa diarrea) per un ricco avido.
Con Balasso, comicità diventa far parte di un’unica grande storia comica, dove alto e basso, dialetto e lingua, miti e poesia, umili e potenti si confondono, si ribaltano e la risata si fa umana, condivisa, popolare nel senso più bello.

Alto, basso e Balasso: raffinato e popolare all’Arena del Sole

di Chiara Mignani (Gazzetta di Parma – 08/12/2014)

Trascinante ed esilarante, Natalino Balasso ha squadernato con incredibile energia il suo repertorio “storico” nello spettacolo “Stand Up Balasso”, sabato sera all’Arena del Sole di Roccabianca. Insieme raffinato e popolaresco, capace di catturare l’immaginazione, ricco di riferimenti letterari preziosi (Omero, Ruzante, Luigi Meneghello) e senza paura di mescolare alto e basso, di scompaginare e giocare con i registri del racconto, in sintesi: Balasso è un grande narratore. Formidabile è la lingua usata dal comico, la sua cadenza e il suo lessico sghembo, un grammelot che nasce nel nord est, una lingua un po’ da infanzia, decisamente spassosa ma anche tenera, perfetta per raccontare storie.
Possono essere grandi storie come i racconti omerici, che il comico rivisita con una contaminazione felice, senza mai scadere nel didascalico o nella banalità; nella sua versione l’Odissea “scomincia”, Polifemo è “imbraco come una scimia” e Ulisse quando finalmente torna ad Itaca fatica a riconoscerla “perché hanno costruito tante nuove rotonde”.
Possono essere piccole storie come il racconto del ménage famigliare (ed alcolico) del Torbolo e di sua moglie Marisa, vite marginali che danno forma ad un’epopea ruspante del nord est.
Ma tutte, grandi e piccole, arrivano con forza al pubblico, sono animate dalla passione e dall’intelligenza del narratore, che la rafforza con una straordinaria mimica e una sapiente gestualità. Impagabile è la lezione sul “pavano” (dialetto padovano) dell’interno: “una lingua così difficile che anche i padovani quando si parlano tra loro non si capiscono”.
Irresistibile l’incursione nell’archeologia onirica con il pezzo “il somaro dei sumeri”: uno scioglilingua vertiginoso e virtuosistico. Il teatro era tutto esaurito, tanti gli applausi a scena aperta, il pubblico è stato completamente conquistato dalla travolgente performance di Balasso, lunghissimi gli applausi finali.

Grande prova di Balasso funambolo del quotidiano

TEATRO NUOVO di MILANO
di (s.sp.) * (10/10/2014)

Due ore e mezzo senza intervallo, e non sentirle. Natalino Balasso è un affabulatore che procede tortuoso tra continue divagazioni e digressioni, eppure avvince con vis comica e intelligenza formidabili. Succede in Stand Up Balasso, monologo senza rete in cui fa il riassunto e il bilancio di dieci anni di teatro in cui ha raccontato miti e storie bibliche, che riprende con aggiunte e variazioni varie da Ercole in Polesine, La tosa e lo storione e L’idiota di Galilea. Solo in scena con una sedia rossa e un vecchio microfono a filo, disincantato fino al cinismo, il comico veneto distilla in un italiano che spesso attinge al dialetto vicende di furbi Ulissi e Ciclopi permalosi, mummie alpine e pistoleri da western, eroi di un’epica improbabile e tronfia che riconduce con humour infallibile e sguardo acuto alle meschinità del quotidiano. Una prova da applauso, che tocca vertici di assurdo in impennate linguistiche spericolate in bilico tra voli pindarici e scioglilingua impossibili. Bravo e generoso.

Stand Up Balasso

Monologo scritto e interpretato da NATALINO BALASSO Produzione/Distribuzione: TEATRIA SRL Genere: COMICO Durata: 120’ (atto unico) Sulla scena solo un microfono vintage, ancora con il filo, la luce fissa di un occhio di bue e lui, il comico, in piedi, altrimenti non sarebbe uno “stand up”. Non c’è nessun filo …