di Michele Weiss (LA STAMPA MILANO * 9 febbraio 2018)

L’avevamo lasciato “assessore ai schei” ne “La cativìssima 1- Epopea di Toni Sartana”, e lo ritroviamo contractor nel deserto iracheno a trafficare con le streghe del “Macbeth”. Insieme al tontolone Bordin, Toni Sartana libera per caso un ostaggio che si rivela il presidente di una ditta italiana che vende “jeans coi strappi”: colmo di gratitudine, questo li nomina entrambi suoi vice e pure con uno stipendio da favola, ma il bello deve ancora arrivare….
Comincia così la seconda puntata della trilogia al Menotti con Natalino Balasso nei panni del goffo malandrino born in Veneto: “La cativìssima 2 – Toni Sartana e le streghe di Bagdàd”. Proprio come il debole Macbeth, che nella tragedia scespiriana viene irretito dalla consorte al fine di usurpare la corona col delitto, Toni si fa convincere dalla perfida moglie Lea a impadronirsi dell’azienda: ma non ha fatto i conti con Bordin e Sharon, la segretaria logorroica e iperattiva, entrambi accomunati dal medesimo disegno criminoso. Inevitabile il patatrac: il titolare muore avvelenato, Lea e Bordin diventano alleati e amanti, Sharon nuovo presidente della società (che in realtà vendeva armi) mentre lo stesso Toni, fomentato dalle streghe, cerca la redenzione nell’amore di una prostituta che si rivelerà…un trans.
La vicenda, che finisce con una farsesca discesa agli inferi dell’antierore, si sviluppa in una girandola di sketch infarciti da battute “politically scorrect” e giochi linguistici tra l’assurdo e il geniale. Grazie anche alla bravura degli attori, sempre sul pezzo, Toni Sartana atto secondo non tradisce e fa sbellicare il pubblico dalle risate. Un po’ come i personaggi di Goldoni nella sua epoca, le macchiette di Balasso rispecchiano bene l’impoverimento umano dell’italiano medio di oggi, interessato solo “ai schei” (i soldi) e vittima del consumismo compulsivo.