Recensione di BALASSO FA RUZANTE (Amori disperati in tempo di guerre) visto il 10/2, a cura di Adelio Rigamonti
di Adelio Rigamonti (TeatrandoMilano – 12 febbraio 2022)
Balasso fa Ruzante ovvero Amori disperati in tempo di guerra visto al Teatro Carcano è spettacolo assolutamente gradevole grazie all’irresistibile empatia di Natalino Balasso, ma anche per l’efficacia del testo dalla trama semplice che descrive con arguzia e qualche cattiveria (che non guasta) contro i potenti di ogni tempo la realtà popolare e contadina della campagna veneta cinquecentesca.
Balasso, intrecciando testi del Ruzante e collegandoli con una lingua inventata tra un finta dizione arcaica e un rinnovato grammelot, porta in scena caratteri che ben rappresentano la gioia di un eros sanguigno condita da civetteria sfrontata femminile, il tutto calato nell’arte dell’arrangiarsi per sopravvivere.
In scena vi sono un contadino (Natalino Balasso), la sua donna Gnua (Marta Cortellazzo Wiel) e l’amico Menato (Andrea Collavino) che è anche l’ex di Gnua per la quale è ancora del tutto perso.
Roberto Di Fresco ha creato una scenografia accattivante, spartanamente popolare capace di divenire di per sé elemento empatico e spesso esilarante. Tutto è costituito da un catafalco mobile con tanto di erba, spighe, fiori e staccionata a rappresentare un piccolo appezzamento di terreno coltivato, una porta rossa a destra è la casa di Ruzante e Gnua. Decisamente divertente, e molto applaudito il suo ingresso in scena, una rella appendiabiti trasformata in vacca con corna, che altro non sono che gambe di una sedia, una grande mammella e coda di corda. Scelta intuitiva decisamente apprezzabile e apprezzata.
Il sottotitolo Amori disperati in tempo di guerra è azzeccatissimo per la seconda parte dello spettacolo quando Ruzante decide di farsi uomo d’arme e partire in guerra, non per coraggio ma nella speranza di far bottino per ritornare con qualcosa in grado di permettere una sopravvivenza più solida a lui e alla sua compagna, affidata nel frattempo all’amico Menato.
Ritornato da grandi imprese militari, vissute in un’osteria di Mantova, ovviamente senza neppure un graffio, scoperta la tresca tra Menato e Gnua, i due uomini litigano, ma è la donna stessa che dopo aver dichiarato tutto il suo amore per un nuovo compagno (Menato) si avvicina a Ruzante e lo bacia lasciando intendere al pubblico che la storia continuerà tra sesso sanguigno e soprattutto una gran voglia di sopravvivere e sbarcare lunari.
Accanto a un assai efficace Balasso/Ruzante, Marta Cortellazzo Wiel è una Gnua spigliata e soprattutto genuina e spontanea e Andrea Collavino è un Menato sempre in spassoso precario equilibrio tra l’amicizia che lo lega a Ruzante e la voglia di soddisfare le proprie voglie.
I tre attori in scena sono molto affiatati tanto da rendere quasi invisibile la mano registica di Marta Dalla Via.
Non mi ha convinto per nulla la scelta della colonna sonora, canzoni contemporanee e poco ruspanti in un ambiente contadinesco del Cinquecento veneto.
A spettacolo concluso, gran cammeo d’attore consumato di Natalino Balasso nel ringraziare il pubblico e nel presentare la compagnia tutta.
Uno spettacolo riuscito anche nel tentativo di sottolineare ancora una volta l’urgenza e la necessità dello spettacolo dal vivo.