BALASSO FA RUZANTE. Amori disperati in tempo di guerra, di Natalino Balasso. Regia di Marta Dalla Via. Scene di Roberto Di Fresco. Costumi di Sonia Marianni. Luci di Luca dé Martini di Valle Aperta. Con Natalino Balasso, Andrea Collavino, Marta Cortellazzo Wiel. Prod. Teatro Stabile di BOLZANO – Ert-Teatro Nazionale, MODENA.
di Giuseppe Liotta (Hystrio – febbraio 2022)
Bentornato Ruzante! Sparito il teatro comico dalla scena nazionale sembra ora tornarci attraverso quel genio teatrale cinquecentesco di Angelo Beolco, detto il Ruzante, dal nome del personaggio feticcio che interpretava e con quale veniva identificato dai suoi contemporanei. Natalino Balasso, insieme a Marta Dalla Via, si è buttato nell’impresa di riproporci dopo anni di silenzio. Lontani dalle acuzie filologiche di Gianfranco De Bosio come dall’acre, arcigna distanza epica di Franco Parenti, ci consegnano uno spettacolo “artigianale” d’altri tempi, semplice e misurato, comico e riflessivo, ricco di una teatralità da manuale, grossolana e diretta, quasi ingenua, eppure molto colta e raffinata, soprattutto per quanto riguarda la tessitura drammaturgica, sia della struttura che degli eventi narrati. Rubando a Moscheta, a Betia, ai Dialoghi di Beolco situazioni e trame le innesta in un’unica vicenda, che a volte ha ritmi e toni da Brancaleone, più spesso quelli della Commedia dell’Arte, e rinascimentale, in un miscuglio di stili e generi che diventa la caratteristica principale della festosa rappresentazione, oltre a esserne la qualità culturale e visiva. Al centro l’abilità e la bravura dei tre interpreti in scena guidati da un Balasso in grande forma e completamente a suo agio nel vestire, anche mentalmente, i panni di un personaggio eroicomico di spessa e remota fattura, ricreandone lingua, gesti e movenze nella sua personale e originale maniera, che si avvale altresì di espliciti richiami a Dario Fo e al cabaret milanese degli anni Sessanta. Inaspettati e divertenti i suoi “fuori parte”: quando si rivolge direttamente al pubblico, attraverso finte amnesie o falsi inciampi di battuta che coinvolgono pure i suoi due colleghi. Una recita “aperta” fatta di libertà creativa e di un lavoro continuo e concreto in scena, con quegli elementi mobili polifunzionale, strutture sedimentate di antico pensiero teatrale, che spostano agevolmente da una parte all’altra del palcoscenico.