di Magda Poli (Corriere della Sera – 14/11/2024)
La commedia La grande magia di Eduardo De Filippo del 1948 al debutto non ebbe successo, troppo ragionamento, troppa illusione, troppa magia, troppo Pirandello. Il mago ciarlatano Otto Marvuglia durante un’esibizione fa sparire la moglie del geloso Calogero Di Spelta.
Non riapparirà, fugge con il suo amante. L’illusionista consegna al marito una scatola dove afferma la donna sia rinchiusa. Basta aprirla. Spelta mai lo farà.
Il realismo di Eduardo non è mai un rosolio e in questa commedia si gusta anche il forte amaro della sua arte. La caricatura e il ridicolo ci sono, ma riscattati dal sentimento di pietà e pudore offeso che scorre come un fiume carsico lungo gli atti. Ed è questo che manca nella regia di Gabriele Russo che ci propone una commedia grottesca riduttiva, divertente ma di una comicità scontata su i più facili, i più semplici, i più diretti meccanismi e tempi, cercando un non-naturalismo che vive già nella commedia.
C’è da dire che lo spettacolo si regge sullo smarrito Spelta di bello spessore e lievità Natalino Balasso e sulle ottime capacità di Michele Di Mauro nel far vivere un Marvuglia esplosivo tra follia e cialtronismo con un giusto pizzico di diabolico e ironico.