Il Gazzettino di Udine 19 Gennaio 2006
“Libera nos” a Trieste
di: Mary Barbara Tolusso
È una scena semplice quella che ospita Natalino Balasso e Mirko Artuso per “Libera Nos”, spettacolo ideato sulle suggestioni del bellissimo romanzo “Libera nos a Malo” del poeta Luigi Meneghello e in teatro per un secondo allestimento (dopo l’interpretazione di Marco Paolini), sempre a firma di Gabriele Vacis. Una scena semplice, si diceva, due siparietti in garza su una struttura girevole, quasi un piccolo palco dove esporsi al vuoto o dietro il tessuto leggero, pannello che immediatamente sfoca gli interpreti nella dimensione della memoria. E semplici sono anche i brani tratti dal libro, pescati qua e là senza un preciso ordine, evitando anche gli aspetti più tragici, a esclusione di una chiusa dove è la follia a farla da padrona.
Ma c’è comunque tutto un mondo, quello del veneto Meneghello, che in bocca a Artuso e Balasso si esalta di evocazioni difficilmente raggiungibili a sola lettura. I due attori non sono colti da una sorta di emorragia emotiva (talvolta col dialetto è facile), misurano i toni, la cifra stilistica, la comicità ha trovate acutissime, come la lunga serie di invocazioni blasfeme che divengono non solo sorriso, ma luogo vero e proprio di una realtà fatta corpo e parola. Una sorta di fisicità dei suoni, questo pare il fil rouge dell’intera performance, declinato a un vocativo dialettale che sa tradurre diverse sensibilità, quella dell’infanzia, certo, ma anche la più cupa riflessione sul mutamento, le trasformazioni, la perdita, il difficile senso della vita.
Dietro c’è tutto un glossario, proposto anche nel depliant di sala, che riporta a una ricerca che passa dalla filologia a qualcosa di fenomenologico, quasi una ricerca metafisica (dove se ne andrà l'”autentico”?), tanto più apprezzabile nella sua origine linguistica piegata a un’identità antica, oramai quasi scomparsa. Ma la morale rimane l’unica possibile: «Bravo Gigi – sussurrerà catatonico Cicana, chiuso in manicomio da anni – continua a nominare le cose per trattenerle». Applausi e ovazioni.