Il messaggero veneto 21 Gennaio 2006
“Libera nos”, la fuga dei ricordi
di: Antonio Stefani
Il punto di partenza è Luigi Meneghello e i suoi luoghi della memoria e della vita quotidiana, rielaborati da Antonia Spaliviero, Gabriele Vacis e Marco Paolini. Ne vien fuori un primo spettacolo che debutta ancora nel 1990 con Paolini e Mirko Artuso come protagonisti.
Il riallestimento per questa stagione invece, scaturisce dalla lettura dell’opera dello scrittore vicentino “Libera nos a malo”, fatta dallo stesso Meneghello da Natalino Balasso e da Vacis.
Ed ecco che prende forma “Libera nos”, firmato da Gabriele Vacis, che abbiamo visto nella due giorni di programmazione al Politeama Rossetti “altripercorsi”. In scena sempre il dinoccolato Mirko Artuso affiancato da Balasso. Un teatro della parola che prende al laccio gli spettatori, riportando a galla il mondo dell’infanzia nel paese di Malo dove ritorna l’io narrante, lo stesso Meneghello, che nella fisicità rotondeggiante di un Balasso entra ed esce, a volte anche in bicicletta, da un cubo di garza bianca, come fosse una grande scatola della memoria.
“Andrò più lontano dei rematori di Ulisse nella regione del sogno inaccessibile alla memoria umana”. Questa frase di Borges che si può leggere navigando nel sito di Balasso, non poteva essere più azzeccata per dar voce a questo funambolo dei ricordi. Ricordi fatti di npartire di pallone, di gare in bicicletta, dei primi turbamenti sessuali mentre don Tarcisio, implacabile fustigatore, vuole conoscere quali “atimpuri” i ragazzini hanno commesso. Ricordi di avemarie e padre nostro da recitare come penitenza. L’esame di seconda elementare, la bicicletta come regalo per la promozione, la comunione…I bambini diventano adulti. Chi resta in paese e chi se ne va, tutto raccontato con la dolce musicalità del dialetto. Proprio l’uso del dialetto è un riappropriarsi dell’infanzia come momento centrale per decodificare il senso della vita che langue, alla fine dello spettacolo, verso la malinconia, la tristezza con la consapevolezza che “siamo amici perchè un tempo eravamo amici”. Non si fa altro che rivangare episodi che ormai anche le mogli conoscono a memoria. Saranno storie forse anche logore, ma che vivranno finchè qualcuno le ricorderà. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare questo piccolo cammeo nella non particolarmente brillante produzione nazionale di prosa.