di Alessandra Branca (Assesempione.info * 15/02/2016)

Magenta

Due ore fitte fitte e non-stop di “stand up” Balasso: che goduria! e che sganasso! la ruspante comicità di Natalino Balasso fa rovesciare dalle sedie gli oltre 500 spettatori del teatro Lirico di Magenta. Posti esauriti da settimane, al botteghino del teatro molti avventori in cerca di qualche posto dell’ultimo minuto per assistere allo spettacolo dell’attore esploso alla popolarità con il cabaret dello Zelig ma che vanta una nutrita e policrome carriera di attore ed autore.
Con la scusa di doverci raccontare l’Odissea, Natalino Balasso ci fa naufragare in un mare di risate, estraendo storielle e gags dalle più alte fonti della nostra cultura di formazione base (ed identità culturale): da Omero al Vangelo passando per il Polesine. Uno stand up a base antropologica e classica, quello di Balasso che gioca con personaggi e vocaboli, nuove parabole popolari ed aneddoti di vita quotidiana a casa propria. Una vera e propria pièce comica imbastita su un testo solo apparentemente svagato ma che ha una sua scansione ben dosata.
L’autore scorrazza nel tempo e nello spazio prendendo spunto dalle due bibbie della nostra cultura all’anno zero e con incursioni in episodi variegati che ci portano alla mummia di Bolzano, uomo che visse 5000 anni fa, come ai suoi nonni od ai vicini di casa con la figlia di ritorno dallo Sri Lanka. Testo e sovratesto, Balasso usa con sapienza e mestiere l’arte della comicità attingendo agli strumenti che ne han sempre fatta la grandezza (alla faccia degli snobismi): dai giochi di parole ad incastro, all’utilizzo di ripetizioni, ritorni, pause, divagazioni, registri differenziati di linguaggio. Il tutto veicolato da un’interpretazione ruspante e dal tocco di Delta del Po che rimane certamente l’impregnante più vivo della sua recitazione. Si capisce che il Natalino non è affatto un comico da cabaret della grossa; senza -grazie! – perdersi in inutili eventuali intellettualismi e sempre attingendo a materiale alla portata di tutti (appunto, le basi della formazione scolastica obbligatoria o del costume religioso dell’infanzia), Balasso sciorina le sue storie ironiche ed affettuose con fare irresistibile, sommando risata su risata e gestendo ad arte l’effetto sul pubblico. L’arte comica di Natalino Balasso è tutt’altro che improvvisata, e si sente.
Complice una sua multiforme curiosità di uomo e autore, il testo che propone non risulta mai banale (e di certo mai sbragato, come si usa in tv); comprensibile da chiunque, e per questo ancor più apprezzabile, la complessità risiede nella sua costruzione, la quale non grava mai sul pubblico (cavallo di Troia?); un’idea (“ideona!”) semplice complessa semmai la costruzione. Il segreto della comicità. L’impianto regge a tutte le incursioni fuori e dentro il presunto racconto principale (il movimento è quasi imitazione di quello di Ulisse nel Mar Egeo, non casualmente proprio il pretesto narrativo della piéce), disseminando risate ad ogni battuta ad ogni passaggio. Vent’anni e più di esperienza ci sono e si sentono. L’arte di fare lo spettacolo dal vivo, testandolo sul pubblico e correggendo e modificando (l’andamento del fiume, magari il Po?) a seconda della risposta del pubblico. La comicità non si improvvisa ed è arte tra le più ardue. Al termine dello spettacolo, dopo aver fatto rovesciare la gente dalle poltrone dal ridere, è lo stesso Natalino a ricordare, tra il serio ed il faceto all’interrogante Luca Cairati, direttore artistico di Incontroscena – Teatro dei Navigli: “Il teatro è l’unica arte fatta da autori vivi davanti a persone vive!” (una battuta che nasconde una lezione di estetica, attenzione!). Infatti. e allora evviva il teatro! quello comico fatto bene, di più!