di Massimo Bertoldi (Alto Adige * Bolzano – 27/11/2021)

Teatro. Consensi per la nuova produzione del Teatro Stabile presentata in prima nazionale al Teatro comunale di Bolzano. Il pubblico si diverte e applaude uno spettacolo lineare e assai coinvolgente che, oltre all’estro comico degli attori, regala belle suggestioni visive.

“Balasso fa Ruzante. Amori disperati in tempo di guerre”, nuova produzione del Teatro Stabile presentata in prima nazionale al Teatro Comunale di Bolzano, è il frutto di un lavoro drammaturgia complesso, perché riproporre oggi Angelo Beolco detto il Ruzante, fondamentale commediografo padovano del Cinquecento, comporta in sé una lettura innovativa dei suoi testi comici ambientati nel mondo rurale dell’epoca; e altrettanto vale per il problema della lingua, un dialetto permeato di dirompente realismo espressivo fortemente radicato nel territorio di origine, nel vocabolario e nella struttura sintattica. La revisione linguistica ha da sempre accompagnato gli allestimenti ruzantiani che si sono susseguiti a partire dagli anni Cinquanta in parallelo alla pubblicazione del repertorio e alla crescita di studi (Baratto, Lavorini, Zorzi) tanto da collocare il Beolco, anche attore e appartare – regista, tra i protagonisti della nascita del teatro moderno vicino a Machiavelli e Ariosto.

Lo stesso Stabile bolzanino ha partecipato alla riscoperta del commediografo veneto grazie a Tonino Conte e a Marco Bernardi che in tempi diversi hanno allestito “I dialoghi”, ai quali si rifà anche Natalino Balasso accorpandoli in un unico testo arricchito, tra l’altro, da estratti della “Moscheta” e da passaggi narrativi ideati dallo stesso attore-drammaturgo. L’operazione di chirurgica precisione e assai ben congegnata ha prodotto un tessuto teatrale fluido in cui l’adeguamento della antica parlata del contadino pagano al dialetto odierno esercita un ruolo fondamentale circa la forza comunicativa e la viva e genuina rappresentazione dei tormentati personaggi capaci di legarsi alla nostra contemporaneità, pur mantenendo le loro originarie peculiarità storiche. Questo perché la commedia contiene in se un ricettario di situazioni declinabili al di là del contesto spazio-temporale dell’età ruzantiana. 

Vero è che la Gnua, donna contesa, è una contadina alla ricerca di protezione secondo la prassi dell’epoca, prima coinvolta in una forte passione amorosa con Ruzante, preferito all’amico Menato, poi, per effetto della guerra che allontana il compagno da casa e lo porta a combattere immaginarie battaglie, costretta a trasferirsi nella “metropoli” di Venezia per cercare una nuova sistemazione e soprattutto benessere economico. Alla base di questi “Amori disperati in tempo di guerre” si annida anche il conflitto tra la volontà maschile di sottomissione della donna e l’ambizione femminile di coniugare con l’amore un anelito di libertà.

E gli impulsi erotici propri dei contadini ruzantiani costituiscono una importante chiave di lettura seguita dalla pregevole e coerente regia di Marta Dalla Via, capace di accordare alle personalità dei tre protagonisti la valorizzazione artistica dei corrispettivi interpreti, che condividono un’esibizione molto fisica e finemente tratteggiata nella gestualità legata alla parola. Gli attori indossano costumi di una generica contemporaneità come cuciti da Sonia Marianni e si muovono su un palco vuoto, all’occorrenza occupato da oggetti funzionali ed evocativi predisposti da Roberto Di Fresco. Le luci appropriate sono di Luca de Martini. Domina una comicità spumeggiante, a tratti amara e rabbiosa, a partire da quella manifestata da Balasso, il suo Ruzante -furbo e credulone, animalesco e aggressivo- regala perle di comicità come quando si traveste da soldato spagnolo per verificare la fedeltà della Gnua recuperando registri espressivi della Commedia dell’Arte, oppure quando nei panni del reduce racconta fantasmagoriche imprese belliche. Sono momenti di superba maestria attorale, e altrettanto pregevoli sono la Gnua di Marta Cortellazzo Wiel che disegna una donna passionale, lucida e determinata, e Menato affidato ad Andrea Collavino, assai abile nel ruolo dell’amico e rivale di Ruzante esplicato attraverso il suo palesarsi malinconico e aggressivo, astuto e provocatore. Il pubblico si diverte e applaude uno spettacolo lineare e assai coinvogente che, oltre all’estro comico degli attori, regala belle suggestioni visive.