“In fondo siamo tutti dentro un film”
di Fabiana Dallavalle (Messaggero Veneto * 14/12/2014)
UDINE

Il titolo è decisamente impegnativo anche se scritto tutto attaccato. Velodimaya, ultimo nato a casa di Natalino Balasso e primo appuntamento comico condiviso a Udine, tra le stagioni di Teatro Contatto di Css Teatro Stabile di Innovazione Fvg e del Teatro Nuovo, porta in scena una ventata di risate extra-large, (due ore e mezza di spettacolo!) e fa aprire addirittura la terza galleria.
Il concetto di Velo di Maya preso a prestito, niente meno, che dal filosofo Schopeanhauer e trasferito sul palcoscenico, parla in realtà di temi piuttosto seri, di verità nascoste, vere o presunte, di guerre necessarie, di infanzia, educazione e coscienza individuale. Certo il linguaggio è popolare e ironico, spesso mediato dalla tirata in dialetto, così giusto per tranquillizzare gli animi degli spettatori perché il dramma, diceva Eduardo, “si rappresenta meglio con la commedia”.
Infatti, mentre sei lì che te la ridi, Balasso riesce a far leggere al cervello in modalità “rappresentazione teatrale” tutta la serie di drammatiche fregature alle quali gli uomini e le donne vanno incontro subito dopo il primo vagito. Si ripassano, sempre tra una risata e l’altra, alcune gioviali nefandezze del vivere, come ad esempio che le nazioni moderne non sono nazioni, ma affari, risultati di compravendite. “Stiamo giocando a un gioco in cui le carte sono truccate e le regole sono tutte da scoprire”, dice l’instancabile Balasso. Il gioco è infatti antico e illude le pedine di fare un passo avanti, mentre in realtà le spinge a prendere la rincorsa per tornare esattamente al punto di partenza. E ancora “siamo dentro un film, ciascuno di noi recita un personaggio, chi meglio, chi peggio, ma tutti facciamo finta”. A questo punto il nostro personaggio è costretto a indagare, come fosse il detective di un film giallo, ci sono solo prove indiziarie, il quadro non è chiaro”. Certo il velo non si può strappare, pena la perdita di senno o la cacciata dal Paradiso, ma prendere atto che il velo c’è e che ognuno vede e interpreta la realtà a modo suo, è già gran cosa. In ogni caso Velodimaya stimola la capacità innata del cervello di ridere di cose drammatiche, non per mancanza di rispetto, ma per il desiderio di esorcizzare i nostri drammi. Lo sa Balasso che fa assai bene il suo mestiere. Lo capisce il pubblico, che non ride e basta ma pensa. E applaude con calore in finale.