DIVERTIAMOCI A TEATRO Successo e lunghi applausi per il nuovo spettacolo dell’attore
di Alessandra Galetto (L’Arena – 12 gennaio 2023)
Oltre due ore di monologo dal ritmo serrato per raccontare la lingua dei tag di oggi: un inno a riscoprire la ricchezza di senso delle parole
La restituzione dei significanti al loro significato, cioè più semplicemente delle parole alle cose, operazione filologica e ontologica che ci immagineremo propria di un “polveroso” linguista, si trasforma, nelle mani e nella voce del prodigioso Natalino Balasso, in uno spettacolo che tiene avvinto il pubblico del Nuovo per oltre due ore con ironia e un impareggiabile sorriso istrionico, in un monologo che diverte tanto quanto avvince e, giocando (ma si sa che il gioco è una cosa seria, molto seria), ci costringe a fermarci, disinnescare la marcia dell’abitudine per ritrovarci a riflettere.
Balasso dunque davvero mattatore per il primo appuntamento del 2023 di Divertiamoci a teatro con il suo spettacolo “Dizionario Balasso (colpi di tag)”, da lui scritto oltre che interpretato: lunghi, convinti applausi per il debutto che ha visto il Nuovo “schierato” al fianco dell’attore in questa sua originale, coraggiosa avventura (repliche fino a domani, sempre alle 21; oggi alle 18 al Nuovo a ingresso libero l’incontro con l’attore realizzato in collaborazione con il nostro quotidiano e coordinato dal caporedattore de L’Arena Luca Mantovani).
C’è un grande libro al centro del palco, al suo interno oltre duecentocinquanta lemmi incolonnati come in un dizionario. E’ il libro che fa da filo rosso allo spettacolo: Balasso lo consulta insieme al pubblico, è pieno di parole in cerca di definizione.
Ma ben presto scopriamo che l’operazione cambia in fieri regole e modi: quello che l’autore cerca, in questa caccia al tesoro giocata insieme agli spettatori, non sono le parole, quanto il loro senso, e per questo alla fine sono le parole a diventare protagonista e a trovare chi ascolta.
Tutto parte dal termine “definizione”, che secondo Balasso è proprio ciò che ci fa vedere il mondo in maniera distorta, che ci fa credere che la Verità sia una sentenza definitiva. Al contrario, la parola porta già nel suo corpo la menzogna perchè ogni significato ha confidenza col suo contrario. Nel mondo contemporaneo, questo nostro mondo confuso, le parole diventano “tag”, cioè etichettano le cose come si etichettano le mele: una ad una con lo stesso disegno.
Il tag è definitivo per definizione, è la modalità tranciante in cui rientra la nostra comprensione della società. Ogni concetto è una scatola chiusa di cui leggiamo solo l’etichetta. il tag. Cosa c’è nella scatola? Perchè ci ostiniamo a tenerle chiuse quelle scatole? E’ qui che Balasso si produce nell’arte in cui è ormai specializzato: rompere le scatole.
La verità è, ci fa intendere l’attore, che, anche se forse non ce ne accorgiamo, l’uso che facciamo delle parole racconta di noi molto di più che l’uso che facciamo delle cose.
Ma che lingua parliamo oggi? Persino chi dovrebbe parlare bene, come la televisione o il giornalismo, usa quella lingua che Calvino definisce “l’anti-italiano”, quella lingua che, invece di dire “fare” dice “effettuare”, una sorta di burocratese che non fa che sottrarsi ancora di più all’obbligo di far corrispondere ad un significante, ad un termine, un significato, una cosa, una realtà.
Non è invece meravigliosamente ricca, proprio come lo è la vita, la pluralità di senso delle parole, ci suggerisce Balasso: non sono una ricchezza i significati, i tanti significati che ognuno di noi da alla stessa parola? Perchè “le nostre parole sono fatte della nostra vita; se io dico la parola “cane” a 10 persone, quelle persone penseranno a 10 cani diversi. Se io dico “Dio”, ognuno penserà al proprio panteon. Se dico “amore”, il ventaglio dei sentimenti passerà dalla gioia più sfrenata al dolore più cupo. Scopriamo così che le parole ci cambiano più di quanto noi cambiamo le parole”.
Balasso si rivela ancora una volta un attore, un autore capace di tenere il ritmo con maestria, arguto e sferzante, tagliente dietro la bonarietà.
Anche con quella sua calcata, seducente parlata veneta, con quella capacità di spaziare con leggerezza e disinvoltura da un argomento all’altro. Del resto questo “esercizio linguistico” è un lavoro in fieri: Balasso chiede al pubblico di suggerirgli termini, parole di cui indagare il senso e poi con la stessa disinvoltura per qualcuna di queste si ferma a cercare uno sviluppo, per altre più spassosamente cambia all’improvviso analizzandone un’altra.
Così lo spettacolo corre veloce, passando dalle parole e dal loro significato alle nostre vite: per raccontare come è facile e insieme difficile fraintendersi e intendersi.